NORMANNESIMO

Dallo studio dell’arazzo di Bayeux, argomento di tesi della laurea in Architettura di Ernesto Graditi nasce l’idea di un ulteriore sviluppo non più legato al solo arazzo, ma a tutte le suggestioni dell’arte normanna in Sicilia, nei suoi vari aspetti (architettura, scultura, decorazione musiva) e a tutte quelle contaminazioni con l’arte locale (maestranze arabe e bizantine), che hanno portato l’arte normanna a quell’incrocio bizantino – arabo – normanno che rappresenta il punto più alto dell’arte medievale in Sicilia ed uno degli episodi più significativi di tutta l’arte mediterranea di età Romanica. L’arazzo di Bayeux rappresenta un documento unico; oltre a descriverci accuratamente un fatto storico, ovvero la conquista dell’Inghilterra da parte di Guglielmo il Conquistatore, rappresenta come ha scritto David Douglas, “una fonte primaria” per quel periodo per tutte le scene ivi contenute. Quindi, dall’osservazione dell’arazzo e dell’arte normanna in Sicilia, sorge nell’artista l’idea di un progetto che Graditi chiama NORMANNESIMO, proprio per la contaminazione tra le due culture. L’artista ha pensato di trasferire in immagini pittoriche alcune scene significative ispirate all’arazzo di Bayeux (una striscia di tessuto di lino, con ricami in lana) che diventano rappresentazioni costanti in ogni tela da lui elaborata, mentre applica alle tele dei “frammenti”,ovvero pezzi di iuta con ricami in lana con colori simili a quelli dell’arazzo in punto pittoresco. I ricami sono trasposizioni di elementi di architettura, scultura, decorazione musiva tratte dai principali monumenti arabo – normanni – siciliani, e quindi per questo raccontano come l’arazzo sia, nello specifico, non solo una storia, ma la “meta – storia” dei normanni in Sicilia, fatta per “frammenti” dove coesistono profonde contaminazioni tra arte locale e quella normanna. In questo modo l’artista cerca di far risaltare un altro aspetto significativo per l’attualizzazione del significato che ha la storia per l’attualità: ovvero non più uno scontro tra civiltà (arabo-occidentali di oggi, nella triste stagione contemporanea) ma una perfetta sinergia e tolleranza tra popoli diversi per cultura, ma affini per intenti, capaci di caratterizzare e rendere più raffinata una maniera unica di esprimere nella sua totalità l’incontro tra arti diverse nel mare “nostrum” mediterraneo. Questa dimensione unitaria è stata peraltro perfettamente indicata dallo storico F. Braudel. Quest’ultimo ha elaborato una interessante visione complessiva del Mediterraneo come luogo UNICO della terra. Esso è “…..mille cose insieme. Non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma un susseguirsi di mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre. Viaggiare nel mediterraneo significa incontrare il mondo romano in Libano, la preistoria in Sardegna, le città greche in Sicilia, la presenza araba in Spagna, l’Islam turco in Yugoslavia. Significa sprofondare nell’abisso dei secoli, fino alle costruzioni megalitiche di Malta o alle piramidi d’Egitto. Significa incontrare realtà antichissime, ancora vive, a fianco dell’ultramoderno: accanto a Venezia, nella sua immobilità, l’imponente agglomerato industriale di Mestre; accanto alla barca del pescatore, che è ancora quella di Ulisse, il peschereccio devastatore dei fondi marini o le enormi petroliere. Significa immergersi nell’arcaismo dei mondi insulari e nello stesso tempo stupire di fronte all’estrema giovinezza di città molto antiche, aperte a tutti i venti della cultura e del profitto, che da secoli sorvegliano e consumano il mare”. C’è in questo percorso magistrale, tutto il fascino della cultura vera, che aspetta solo di essere ri-scoperta, da un punto di osservazione privilegiato che è Palermo, con le sue contraddizioni, fra miserie e grandezze, toccata da quel mare nel quale spesso ci immergiamo senza, probabilmente, mai pensarlo in termini di civiltà e di percorso storico di “lunga durata”, che arriva fino a noi, con una stagione fondamentale che è quella normanna. Ecco perché il lavoro pittorico e la ricerca artistica di Graditi assume l’importanza della reinterpretazione storica, come riflessione sulle radici della nostra attualità, essendo nel contempo autentica arte contemporanea.
L’intero ciclo trae ispirazione dall’arazzo di Bayeux, una striscia di tessuto di lino e lana, alto circa 50 cm e lungo 70,34 m; è oggi custodito nel museo di Bayeux – Normandia. Nell’arazzo è rappresentata la conquista normanna dell’Inghilterra ad opera di Guglielmo il Conquistatore, dopo la celebre battaglia di Hastings del 1066. Le opere totali sono 50, la tecnica utilizzata è  ad olio; i colori usati sono il verde vescica, il rosso di marte, l’ocra gialla scura e chiara, e il blu di cobalto scuro. Alle tele sono applicati inserti di iuta grezza (chiamati “frammenti”), ricamati in lana con il punto pittoresco e il punto d’erba, con i colori uguali a quelli dell’arazzo di Bayeux. Nelle parti comprendenti il fondo nero, figurano iscrizioni in latino medievale (attinenti la scena rappresentata), con lo stesso carattere latino del periodo ruggeriano, riconoscibile nell’iscrizione ritrovata al Palazzo dei Normanni di Palermo riguardante l’inaugurazione dell’orologio ad acqua voluto dallo stesso re Ruggero II nel 1141. Le cornici che racchiudono le opere sono in legno di tiglio. Ogni cornice è realizzata artigianalmente su progetto unico, tratto da elementi decorativi delle absidi, portali di chiese e colonne di chiostri normanni; la cornice presenta una sezione centrale colore nero su cui trovano alloggio a comporre la decorazione, i vari pezzi dipinti con i colori sopra citati. Le opere finite comprensive di cornici hanno le dimensioni di cm 116xcm86. L’opera è in mostra permanente presso il Museo Regionale di Palazzo d’Aumale.
Altavilla: italianizzazione dell’originario hauteville-le-guichard che indica la provenienza di una famiglia di piccoli feudatari normanni che si insediarono nel mezzogiorno d’Italia unificando e contribuendo in modo decisivo all’allontanamento di bizantini e musulmani. Ne fu capostipite Tancredi che ebbe dodici figli. Il primo normanno a conquistarsi fama e posizione nel mezzogiorno d’Italia fu Rainulfo I Drengot. Il Duca di Napoli, Sergio IV, gli diede in sposa sua sorella, già vedova del Duca di Gaeta, e lo investì con la contea di Aversa. aversa rappresenta l’unica città fondata dai normanni nel mezzogiorno. Dopo la morte della moglie Rainulfo cambiò schieramento, sposando una nipote di un nemico del Duca di Napoli, il Principe di Capua Pandolfo IV e divenendone vassallo. Presto poi appoggiò il Principe di Salerno Guaimario IV ottenendo anche il ducato di Gaeta (1041). In questo periodo giunsero nel mezzogiorno i fratelli Guglielmo braccio di ferro, e Drogone, figli di Tancredi d’altavilla. Guglielmo braccio di ferro nel 1042 divenne Conte di Puglia ottenendo i territori dai quali aveva schiacciato i bizantini contro cui erano insorte le città pugliesi. Da qui prese inizio l’espansione degli Altavilla. Infatti Drogone d’Altavilla, il successore di Guglielmo braccio di ferro, ricevette l’investitura della contea di Puglia, mentre Rainulfo ii “Trincanocte” quella della contea di aversa. Anche il Papa voleva dire la sua sulla sorte del mezzogiorno. quando la popolazione di puglia lo chiamò in aiuto contro gli assalitori, Leone IX (1049-1054) tentò di allontanare i normanni dall’Italia meridionale con l’aiuto di truppe tedesche e bizantine; a civitate però, nel nord della Puglia, subì una disfatta completa. Così conseguentemente la politica pontificia nei confronti dei normanni mutò. infatti Niccolò II (1058.1078) strinse una alleanza con gli invasori, e durante il sinodo di Melfi (1059), investì il conte di aversa, Riccardo I Quarrel (1050-1078), con il principato di Capua. Contemporaneamente procedette ad investire Roberto il Guiscardo (l’astuto) come conte di Puglia subentrato come erede del fratello Umfredo, e con il ducato di Calabria e in futuro, con l’aiuto di dio e di San Pietro, della Sicilia. Fino ad allora i normanni si erano distinti per la brutalità della loro violenza, che non aveva risparmiato i beni della Chiesa. Una volta venuti vassalli del Papa si trasformarono in benefattori facendo donazioni a chiese e monasteri, dove ora si pregava per la salvezza delle loro anime. Fondarono anche nuovi monasteri in cui introdussero monaci normanni. Molti normanni provenivano dalla Bretagna oltre che dalla Normandia, luoghi dove non vi era più spazio per molti giovani rampolli della nobiltà che dovevano cercarsi fortuna altrove. Grazie al loro armamento a cavallo con una leggera cotta in maglia e uno scudo lungo a forma di mandorla, erano in condizione di superiorità rispetto ai loro avversari bizantini e musulmani. Si impadronirono di nuove tecniche di combattimento, come per esempio, la costruzione di torri lignee mobili che rendevano più semplice l’accostarsi alle mura delle città. la disunione delle forze locali aprì la strada agli invasori. Uno strumento importante per l’integrazione fu il matrimonio con fanciulle dell’aristocrazia locale. Tornando agli Altavilla nel 1055 arrivò nel sud Italia il fratello del Guiscardo, Ruggero I, che dopo un aiuto per sedare una ribellione, e una serie di contrasti con lo stesso fratello Roberto per avere un dominio indipendente in Calabria; insieme rafforzarono il loro dominio ed avviarono la reconquista dell’isola “la Sicilia” portata poi a termine da Ruggero I che la tenne col titolo di Conte. Il ducato di Puglia e Calabria e la contea di Sicilia furono riunificati, dopo alcune vicende interne al ramo discendente dal Guiscardo, sotto Ruggero II, che a partire dal 1130 assunse il titolo di Re di Sicilia. Non gli sopravvisse nessuno dei primi tre figli. gli succedette il quarto, Guglielmo I “il Malo” che a sua volta lasciò il titolo al figlio Guglielmo II “il Buono”. Questi morì senza eredi chiudendo la dinastia degli Altavilla e innescando il tentativo di ascesa al trono di Tancredi di Lecce, nipote illegittimo di Ruggero II. L’intervento armato di Enrico VI, in virtù dei diritti derivatigli dal matrimonio con Costanza D’Altavilla, pose fine al dominio normanno della Sicilia.